Alone
Trama:
Pim vive a Seoul assieme a suo marito Vee ormai da molto tempo, ma nel giorno del suo compleanno riceve la notizia che la madre ha avuto un ictus ed è ricoverata presso un ospedale a Bangkok. Pim e Vee tornano così nella capitale thailandese e riprendono possesso della vecchia casa di lei, ma quelle mura domestiche risvegliano nei ricordi di Pim un trauma legato alla sorella Ploy: le due erano gemelle siamesi ma Ploy è morta in seguito all'operazione chirurgica di separazione. Il senso di colpa angoscia Pim al punto tale che comincia a vedere dappertutto il fantasma della sorella defunta.
È curioso il fatto che a raccontare una storia di fantasmi congiunti, di paure e di corpi condivisi, sia il frutto di un lavoro di due registi, due personalità chiamate a condividere un intreccio narrativo e a fondere le loro idee in un unico aggregato di immagini. Difatti, non è solo un capriccio linguistico definire il secondo horror degli autori di Shutter come un “film siamese”. Siamese non solo in riferimento al suo luogo di provenienza e ai tormenti delle gemelle congiunte che mette in scena, ma proprio per una caratteristica doppia natura, la presenza di un'anima divisa in due tanto all'interno della diegesi quanto a livello formale. La trama sembra già da sé il parto gemellare nato da due film: Le due sorelle di Brian De Palma e il più recente Two sisters di Kim Jee-woon. I disturbi patologici dell'identità e i fantasmi rancorosi e striscianti si fondono e si confondono all'interno del film, al punto che i due registi sembrano voler operare, attraverso la reiterazione di immagini di oggetti e corpi tagliati a metà o sdoppiati davanti allo specchio, una continua separazione e ricongiunzione fra le due parti, fra dimensione psicanalitica e carico fantasmatico.
Rispetto all'orizzonte dell'horror orientale contemporaneo, c'è da notare a questo proposito in Alone un importante elemento di discontinuità: per i due registi thailandesi i fantasmi hanno un peso, non sono le anime vendicative della tecnologia o gli ectoplasmi dell'etere, ma spettri dotati di massa. Il finale di Shutter conteneva già quest'idea del letterale fardello delle presenze dal passato; Alone amplifica questa sensazione raccontando il peso sia psicologico che fisico che due corpi possono esercitare l'uno sull'altro. Ma, come per i corpi congiunti dei siamesi, anche le due anime di Alone sembrano gravarsi a vicenda: da una parte l'anima horror più convenzionale, fatta di sussulti e apparizioni improvvise di fantasmi bluastri negli specchi e sotto e sopra le coperte del letto; dall'altra, un'evoluzione da thriller psicologico che si affaccia nella storia un passo alla volta, costruendo una tensione parallela fortemente legata al segreto e fin troppo improntata alla ricerca del colpo di scena. Ma anche abbastanza efficace da non soccombere sotto il peso dello spavento rapido e facile del corpo gemello.
È curioso il fatto che a raccontare una storia di fantasmi congiunti, di paure e di corpi condivisi, sia il frutto di un lavoro di due registi, due personalità chiamate a condividere un intreccio narrativo e a fondere le loro idee in un unico aggregato di immagini. Difatti, non è solo un capriccio linguistico definire il secondo horror degli autori di Shutter come un “film siamese”. Siamese non solo in riferimento al suo luogo di provenienza e ai tormenti delle gemelle congiunte che mette in scena, ma proprio per una caratteristica doppia natura, la presenza di un'anima divisa in due tanto all'interno della diegesi quanto a livello formale. La trama sembra già da sé il parto gemellare nato da due film: Le due sorelle di Brian De Palma e il più recente Two sisters di Kim Jee-woon. I disturbi patologici dell'identità e i fantasmi rancorosi e striscianti si fondono e si confondono all'interno del film, al punto che i due registi sembrano voler operare, attraverso la reiterazione di immagini di oggetti e corpi tagliati a metà o sdoppiati davanti allo specchio, una continua separazione e ricongiunzione fra le due parti, fra dimensione psicanalitica e carico fantasmatico.
Rispetto all'orizzonte dell'horror orientale contemporaneo, c'è da notare a questo proposito in Alone un importante elemento di discontinuità: per i due registi thailandesi i fantasmi hanno un peso, non sono le anime vendicative della tecnologia o gli ectoplasmi dell'etere, ma spettri dotati di massa. Il finale di Shutter conteneva già quest'idea del letterale fardello delle presenze dal passato; Alone amplifica questa sensazione raccontando il peso sia psicologico che fisico che due corpi possono esercitare l'uno sull'altro. Ma, come per i corpi congiunti dei siamesi, anche le due anime di Alone sembrano gravarsi a vicenda: da una parte l'anima horror più convenzionale, fatta di sussulti e apparizioni improvvise di fantasmi bluastri negli specchi e sotto e sopra le coperte del letto; dall'altra, un'evoluzione da thriller psicologico che si affaccia nella storia un passo alla volta, costruendo una tensione parallela fortemente legata al segreto e fin troppo improntata alla ricerca del colpo di scena. Ma anche abbastanza efficace da non soccombere sotto il peso dello spavento rapido e facile del corpo gemello.