Due vite per caso
Trama:
Matteo e Sandro guidano velocemente in una piovosa notte romana. Sandro si è ferito al pollice e Matteo lo sta conducendo al pronto soccorso, ma per un malfunzionamento dei freni, tamponano l'auto di due poliziotti in borghese che per pronta risposta li fermano, li perquisiscono e li colpiscono violentemente. Una volta rilasciati dalla questura, i due vorrebbero ottenere giustizia in tribunale ma un avvocato gli consiglia il patteggiamento per evitare ulteriori problemi. Il segno di quell'esperienza resta però dentro Matteo, facendo crescere in lui una rabbiosa frustrazione che si attutisce solo quando incontra Sonia, cameriera del locale Aspettando Godard. Ma cosa sarebbe successo se in quella stessa notte d'aprile Matteo avesse frenato in tempo?
Quando i principi della fisica dinamica si intrecciano con quelli della drammaturgia, il cinema si diverte a costruire universi paralleli che esplorano l'infinita potenza del caso sulle nostre vite. Sdoppiare l'esistenza dei personaggi e biforcare i sentieri del racconto sono pratiche che hanno affascinato tanto i grandi autori come Kieslowski o Resnais, quanto la commedia brillante (con Sliding Doors a far da calco permanente). Se ne serve anche Alessandro Aronadio per la sua opera d'esordio: un duplice sdoppiamento che da una parte ci racconta la “doppia vita di Matteo” e dall'altra incrocia esistenzialismo giovanilista e film d'attualità.
Delle due identità del film è sicuramente la prima la più debole, che accusa il peso di personaggi e situazioni troppo caricate e troppo poco definite (la violenta arroganza dei due poliziotti, la figura del losco gestore di origine ceca) e del blando citazionismo da giovane cinéphile (il fermo immagine di Antoine Doinel ne I quattrocenti colpi che ricorre con funzione preparatoria). Il reale, invece, fa ingresso più silenziosamente, un poco alla volta, attraverso una crescente presenza di notiziari che riportano situazioni della cronaca italiana più recente e illustrano il vero sostrato del film. Gli stupri, i linciaggi, gli scontri di piazza costituiscono il contesto che negli ultimi dieci anni ha fatto sviluppare all'Italia una coscienza schizofrenica che ha trovato pronta risposta nel giustizialismo personale e nell'odio comunitario. Il tentativo di Aronadio è quello di tematizzare questa schizofrenia da un punto di vista normalmente invisibile agli occhi dei media, quello dei ventenni, e di ricongiungere le due antitesi in una situazione molto vicina a quella dei fatti del G8 di Genova.
Ricongiungimento tragico quindi, anche se apparentemente pacificato nel suo non prendere una posizione netta (o meglio, nel prenderle entrambe). In realtà, anche se nel contesto filmico restano figlie della stessa rabbia giovanile, è difficile che alla fine restino dubbi anche solo per un attimo sull'identità della vittima e quella del carnefice.
Quando i principi della fisica dinamica si intrecciano con quelli della drammaturgia, il cinema si diverte a costruire universi paralleli che esplorano l'infinita potenza del caso sulle nostre vite. Sdoppiare l'esistenza dei personaggi e biforcare i sentieri del racconto sono pratiche che hanno affascinato tanto i grandi autori come Kieslowski o Resnais, quanto la commedia brillante (con Sliding Doors a far da calco permanente). Se ne serve anche Alessandro Aronadio per la sua opera d'esordio: un duplice sdoppiamento che da una parte ci racconta la “doppia vita di Matteo” e dall'altra incrocia esistenzialismo giovanilista e film d'attualità.
Delle due identità del film è sicuramente la prima la più debole, che accusa il peso di personaggi e situazioni troppo caricate e troppo poco definite (la violenta arroganza dei due poliziotti, la figura del losco gestore di origine ceca) e del blando citazionismo da giovane cinéphile (il fermo immagine di Antoine Doinel ne I quattrocenti colpi che ricorre con funzione preparatoria). Il reale, invece, fa ingresso più silenziosamente, un poco alla volta, attraverso una crescente presenza di notiziari che riportano situazioni della cronaca italiana più recente e illustrano il vero sostrato del film. Gli stupri, i linciaggi, gli scontri di piazza costituiscono il contesto che negli ultimi dieci anni ha fatto sviluppare all'Italia una coscienza schizofrenica che ha trovato pronta risposta nel giustizialismo personale e nell'odio comunitario. Il tentativo di Aronadio è quello di tematizzare questa schizofrenia da un punto di vista normalmente invisibile agli occhi dei media, quello dei ventenni, e di ricongiungere le due antitesi in una situazione molto vicina a quella dei fatti del G8 di Genova.
Ricongiungimento tragico quindi, anche se apparentemente pacificato nel suo non prendere una posizione netta (o meglio, nel prenderle entrambe). In realtà, anche se nel contesto filmico restano figlie della stessa rabbia giovanile, è difficile che alla fine restino dubbi anche solo per un attimo sull'identità della vittima e quella del carnefice.